Biospeleologia
Le ricerche biospeleologiche nei Monti Berici
di Erminio Piva (Club Speleologico Proteo, Vicenza)
Introduzione
"Nella detta acqua non si ritrovano pesci di sorte niuna, salvo che alcuni gambaretti picciolini simili a i gambarelli marini, che si vendono in Venetia."
Cosi' scriveva il letterato vicentino Giangiorgio Trissino in una lettera inviata al bolognese Leandro Alberti, descrivendo il laghetto all'interno dei Covoli di Costozza; si tratta della piu' antica citazione di un animale strettamente cavernicolo, risalente al 1537. I "gambaretti" del Trissino non erano altro che Crostacei Anfipodi del genere Niphargus, descritti quasi quattro secoli dopo da uno zoologo tedesco, lo Schellenberg, con il nome di Niphargus costozzae.
La Biospeleologia, cioe' lo studio degli organismi viventi nelle grotte, nasce ufficialmente nel 1831 con la scoperta del primo Insetto cavernicolo nelle famose Grotte di Postumia, ad opera di un naturalista austriaco, il conte di Hohenwart; l'animale, completamente cieco, depigmentato (privo di rivestimenti protettivi), con zampe e antenne allungatissime, venne battezzato Leptodirus hohenwarti. Da allora sono state descritte migliaia di specie cavernicole, sparse in tutto il mondo.
Prima di passare in rassegna delle entita' presenti nel nostro territorio e' opportuno illustrare brevemente alcuni aspetti della Biospeleologia.
L'attuale popolamento di una grotta e' il risultato dell'azione di molti fattori, che sono definiti abiotici, biotici e biogeografici.
Per fattori abiotici si intendono quelli inerenti alle condizioni chimico-fisiche dell'ambiente ipogeo: costanza della temperatura, assenza di luce, altissima umidita' relativa, composizione chimica dell'aria e dell'acqua. Tra tutti, il piu' importante risulta essere l'elevatissimo grado di umidita' relativa.
I fattori biotici, invece, riguardano sia le relazioni intercorrenti tra i vari organismi cavernicoli (rapporto fra predatore e preda, situazioni di competizione, insediamento in particolari microambienti), sia l'utilizzazione, come nutrimento, delle sostanze organiche disponibili.
Vi sono, infine, i fattori biogeografici, derivati da situazioni paleogeografiche o da condizioni paleoclimatiche, secondo i quali in un'area sono presenti determinate specie e non altre. Questi avvenimenti produssero talvolta effetti catastrofici sulla fauna: e' nota, ad esempio, la vasta decimazione originata dalle glaciazioni quaternarie. In altre situazioni, invece, si verifico' una proliferazione di specie: il caso classico e' la formazione di una valle fluviale, la quale, suddividendo il territorio, ne isola anche la fauna sotterranea; di conseguenza, le popolazioni animali relegate nei due versanti, non entrando piu' in contatto tra loro, seguono un'evoluzione indipendente che dara' origine, col tempo, a specie diverse.
Molti organismi che incontriamo in grotta vi capitano casualmente, per trasporto passivo (da parte dell' acqua, su micromammiferi, per caduta, ecc.) e vengono chiamati troglosseni (estranei all'ambiente grotta); altri, invece, detti troglofili, ricercano le cavita' attratti dall'alto tasso di umidita' oppure per sfuggire ai rigori invernali o alla calura estiva. I troglofili, pur potendo vivere anche in altri ambienti, frequentano abitualmente le grotte. Vi sono, infine, i troglobi, organismi altamente specializzati alla vita sotterranea e indissolubilmente legati ad essa.; sono privi di organi visivi (anoftalmi), sono depigmentati, presentano zampe e antenne allungatissime e sono dotati di particolari organi sensoriali. Esistono, inoltre, modificazioni riguardanti la fisiologia: maggiore longevita', minore fecondita', riduzione della vita larvale, parziale perdita dei cicli stagionali e di attivita' e riposo.
La classificazione in troglosseni, troglofili e troglobi, pur essendo ormai superata, e' piuttosto comoda e ancora utilizzata per definire gli animali di grotta.
Cenni storici
Le prime ricerche sistematiche sulla fauna cavernicola dell'area berica risalgono alla fine del 1800 ad opera del geologo vicentino Ramiro Fabiani, che nel "Cogolo della Guerra" presso Lumignano (nel marzo 1898) e nel "Cogolo delle Tette" presso Lonigo (nel novembre 1900) raccolse numerosi esemplari di una specie nuova di Isopode acquatico (appartenente al phylum Artropoda, classe Crustacea, ordine Isopoda [1]) da lui stesso descritta, nel 1901, con il nome di Caecosphaeroma bericum (oggi Monolistra berica). Precedentemente (nel 1891) alcuni esemplari della stessa entita' furono trovati nel citato Cogolo della Guerra da un entomologo, il Dr. Giorgio Caneva, collaboratore del Museo Civico di Storia Naturale di Genova, che pero' non ebbe mai l'opportunita' di render nota la sua scoperta.
Nell'anno 1900 il Prof. Raffaello Gestro, di Genova, descrive, su esemplari raccolti da Fabiani nella Grotta di Trene e da Caneva nei Covoli di Costozza, l'Anophthalmus Fabianii [2] (divenuto in seguito Orotrechus fabianii), un Insetto Coleottero, cieco e depigmentato, esclusivo delle grotte dei Monti Berici. Nello stesso periodo altri ricercatori (Armand Vire', Carlo Alzona) raccolgono copioso materiale, nel quale sono presenti nuove entita' cavernicole: il malacologo R. Locard descrive i molluschi Lartetia virei, Lartetia Alzonae e Pisidium baratronense, mentre e' reso noto il lombrico Allolobophora spelaea Rosa). Tra i reperti figura anche un interessantissimo esemplare di Insetto Stafilinide (raccolto nel settembre del 1901 nella Grotta della Guerra) che dovra' attendere fino al 1938, prima di essere riconosciuto e descritto come una nuova specie: Lathrobium (Glyptomerus) Alzonai Capra & Binaghi.
L'interesse suscitato da queste scoperte attrasse molti ricercatori, non solo italiani, che saltuariamente vennero a visitare le grotte beriche. Negli anni '30 le ricerche biospeleologiche ebbero notevole impulso, soprattutto ad opera del Geometra Gastone Trevisiol e del Ragioniere Leonida Boldori; la proficua collaborazione tra i due appassionati riusci' a coinvolgere altri studiosi ma soprattutto contribui' ad aumentare notevolmente le conoscenze sulla fauna cavernicola vicentina. Sono di quel periodo anche le descrizioni del Protozoo Lagenophrys monolistrae Stammer, 1935 e dell'Insetto Coleottero Lathrobium (Glyptomerus) Alzonai Capra & Binaghi, 1938.
Dalla seconda meta' del '900 vari studiosi raccolgono reperti faunistici nei Berici, pubblicandone talvolta i risultati: Italo Bucciarelli, durante una serie di ricerche indetta dal Museo Civico di Storia Naturale di Venezia, indaga il Covolo del Tesoro (biennio 1956-57) e manda alle stampe due contributi (Bucciarelli 1957, 1958). Luigi Boscolo visita a piu' riprese la Grotta della Guerra e la Grotta di S. Gottardo, espone i dati in tre lavori di sintesi (1968, 1970, 1971) e descrive il Protozoo Intranstylum steinii nutans (Boscolo, 1968).
Nel 1982 l'entomologo milanese Riccardo Monguzzi indaga il Covolo del Tesoro e descrive un nuovo Coleottero, Speluncarius bericus. Nello stesso periodo nasce, in seno al Club Speleologico Proteo di Vicenza, la Sezione di Biospeleologia, con l'iscrizione al gruppo dei due nuovi soci Isabel Ferrari ed Erminio Piva; nel 1990 si affianchera' in questa disciplina un altro socio, Giuseppe Peretto. I tre biospeleologi (fig. 1) svolgeranno le loro ricerche orientandosi principalmente allo studio degli Artropodi e dei Molluschi. Altri due associati, Gianni Santin (fig. 2) e Mauro Trevisiol (fig. 3), entrambi purtroppo scomparsi prematuramente, si occuperanno, dal 1993, dei Chirotteri, in collaborazione con Edoardo Vernier, noto studioso di questi Mammiferi, del Dipartimento di Biologia dell'Universita' degli Studi di Padova.
Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3
La Commissione Biospeleologica (gia' Sezione di Biospeleologia), tuttora in piena attivita', dara' un ulteriore apporto alle conoscenze sulla speleofauna berica: tra i dati maggiormente significativi la scoperta di una popolazione di un Mollusco Gasteropode troglobio appartenente al genere Zospeum,per la prima volta segnalato in questo gruppo collinare (Pezzoli, 1990); un altro importante contributo riguarda la descrizione di una nuova specie di Insetto troglobio, Lessiniella berica Piva,1993.
La fauna sotterranea
Verranno qui di seguito trattate le categorie dei troglofili e dei troglobi, con maggiore riguardo per questi ultimi.
Gli animali cavernicoli piu' noti al pubblico sono certamente i Chirotteri, o Pipistrelli, da sempre considerati il simbolo degli "abitatori delle tenebre"; d'importanza fondamentale negli ecosistemi ipogei, in quanto produttori di guano, appartengono alla categoria dei troglofili. Per la loro trattazione dettagliata si rimanda a un contributo pubblicato su questo stesso volume.
Nell'area berica la maggior parte dei troglofili e dei troglobi appartiene agli Artropodi e ai Molluschi, gruppi (phyla) che esamineremo nei particolari.
Gli Artropodi, i piu' riccamente rappresentati nell'ambiente cavernicolo, comprendono le seguenti classi: Crostacei, Aracnidi, Diplopodi, Chilopodi e Insetti.
Molti Ordini di Crostacei annoverano elementi troglofili e troglobi, sia di ambiente terrestre sia di ambiente acquatico; fra gli Isopodi terrestri diffusissimo e' il genere Androniscus (fig. 4), le cui specie piu' adattate all'ambiente sotterraneo sono distribuite lungo l'arco alpino, dalla Lombardia a occidente, a oltre il confine italiano a oriente. Questi animali, lunghi circa 6-8 mm da adulti, a regime alimentare saprofago (si nutrono, cioe', di sostanze organiche in decomposizione), si possono osservare vaganti sulle pareti, sotto pietre o in prossimita' di fonti di nutrimento.
Un altro Isopode, ma di ambiente acquatico, e' Monolistra berica (Fabiani, 1901) (fig. 5), lungo 12-17 mm da adulto, saprofago, lento nei movimenti; frequenta pozze, vaschette e rivoli dei corsi idrici sotterranei. Il genere Monolistra, diffuso dalla Lombardia all'ex Yugoslavia e l'affine Caecosphaeroma, dell'Est della Francia, sono organismi di origine marina, di notevole interesse dal punto di vista biogeografico; la loro distribuzione attuale, infatti, e' correlabile con le linee di costa dell'antico mare miocenico, periodo durante il quale, per varie cause, questi esseri hanno colonizzato le acque dolci sotterranee, probabilmente attraversando una fase in ambienti salmastri. Da sottolineare il fatto che numerose forme marine attuali, affini ai due generi citati, sono proprie di sistemi costieri. Monolistra berica, oltre che sui Monti Berici, e' presente sui Monti Lessini vicentini e veronesi.
Fig. 4
Fig. 5
Fig. 6
Un altro Crostaceo acquatico, ma dell'ordine degli Anfipodi, e' Niphargus costozzae Schellenberg, 1935 (fig. 6), cui appartengono i gia' citati "gambaretti" del Trissino; lunghi 21-29 mm da adulti, sono generalmente saprofagi ma anche, soprattutto durante gli stadi giovanili, limivori (si nutrono, cioe', dei batteri contenuti nel fango).
Il genere Niphargus, con numerose specie, anche di acque superficiali, ha una vasta distribuzione centro- sud europea, interessando, da Ovest, parte dell'Irlanda, il Sud della Gran Bretagna, la Francia, il Belgio, l'Olanda, la Germania, il Sud della Polonia, la Repubblica Ceca, l'Austria, l'Italia (isole comprese), la penisola Balcanica, l'isola di Creta, l'Anatolia, i territori bagnati dal Mar Nero fino a raggiungere, a Est, l'Iran e, a Sud, la Siria.
Niphargus costozzae e' endemico dei Monti Berici (per endemismo si intende un elemento proprio di un settore geografico o di un'area ristretta); esemplari di popolazioni molto simili ad esso, provenienti dai Monti Lessini e dall'Altopiano dei Sette Comuni, sono attualmente in corso di studio.
Appartengono alla classe degli Aracnidi gli Araneidi (Ragni), presenti talvolta in gran numero come elementi troglofili, e gli Pseudoscorpioni, con interessanti forme troglobie.
Negli ingressi delle grotte incontriamo sovente Araneidi del genere Meta (fig. 7); spiccatamente troglofili, di dimensioni vistose (il corpo e' lungo 10-15 mm), sono voracissimi predatori e fanno parte della cosiddetta "associazione parietale", cioe' di quegli animali che conducono la loro esistenza prevalentemente lungo le pareti o la volta delle cavita', spesso in numero consistente di individui.
Il genere Meta ha una distribuzione paleartica (Europa, Africa settentrionale e Asia centro-settentrionale); nelle nostre grotte convivono talvolta due specie, Meta menardi (Latreille, 1804) e Meta merianae (Scopoli, 1763).
All'ordine degli Pseudoscorpioni appartiene uno degli elementi fra i piu' evoluti in senso cavernicolo, Neobisium (Blothrus) torrei (Simon, 1881) (fig. 8), predatore piuttosto frequente nelle grotte beriche; di dimensioni cospicue per il gruppo di appartenenza (la lunghezza del corpo e' di 7-9 mm) ha un ampio areale che comprende gran parte delle Alpi orientali (Monti Lessini, Monti Berici, Massiccio del Pasubio-Novegno, Altopiano dei Sette Comuni, Massiccio del Monte Grappa e pendici sud-orientali della Catena dei Lagorai).
I Diplopodi, noti come Millepiedi, sono rappresentati nelle grotte dei nostri colli da un elemento troglobio, Trogloiulus bericus (Manfredi, 1940) (fig. 9).
Fig. 7
Fig. 8
Fig. 9
Non tratteremo in questa sede dei Chilopodi, conosciuti col nome di Centopiedi, poiche' rivestono scarsa importanza dal punto di vista biospeleologico, essendo elementi poco o punto adattati all'ambiente cavernicolo [eccezion fatta per una specie della Sardegna, Lithobius (Troglolithobius) sbordonii Matic, 1967]; tuttavia dobbiamo ammettere che questi voraci predatori si incontrano spesso in grotta, come d'altronde in ogni altro tipo di ambiente sotterraneo.
E' tra gli Insetti che possiamo osservare la piu' ampia gamma di adattamenti all'habitat ipogeo: da forme che, pur vivendo nel sottosuolo, conservano ancora gli occhi, seppure ridotti (microftalmia) e sono parzialmente pigmentate, si passa a entita' estremamente specializzate, ultraevolute, dotate di un sofisticatissimo apparato sensoriale che permette loro di sopravvivere in un ambiente con condizioni di esistenza proibitive per ogni altro essere vivente (precisiamo che non sono compresi, in questa rassegna, i microorganismi). Il successo evolutivo degli Insetti e' documentato innanzitutto dalla loro consistenza numerica, sia come varieta' di specie (e' la classe di animali piu' numerosa), sia come quantita' di individui; in secondo luogo dalla loro estrema adattabilita' che li ha portati a invadere e colonizzare ogni ambiente. Oggi possiamo affermare che gli Insetti, eccettuati gli oceani, i mari e le calotte polari, si trovano ovunque.
Nelle nostre grotte incontriamo rappresentanti di molti ordini di Insetti: i Tricotteri (fig. 10), simili a farfalle, i Ditteri (fig. 11), che si osservano soprattutto all'ingresso delle cavita', a volte raggruppati in gran numero, a formare quell'associazione parietale di cui abbiamo gia' parlato. Dell'ordine degli Ortotteri fa parte il genere Troglophilus (fig. 12), che, come indica il nome, ha spiccate tendenze troglofile; le specie che vi appartengono hanno una distribuzione tipicamente mediterranea orientale. In Italia sono presenti tre specie, due alpine, spesso conviventi (T. cavicola Koll. che dai Balcani giunge fino a Como, in Lombardia e T. neglectus Krauss che interessa il Friuli, il Veneto e il Trentino Alto Adige) e una pugliese, T. andreinii Capra (che comprende due sottospecie).
Fig. 10
Fig. 11
Fig. 12
Spetta, comunque, all'ordine dei Coleotteri il primato di forme altamente specializzate all'ambiente cavernicolo; due famiglie, in particolare, emergono sulle altre, i Carabidi (con la tribu' dei Trechini) e i Cholevidi (con la sottofamiglia dei Leptodirini).
Il Carabide Trechino Orotrechus fabianii (Gestro, 1900) (fig. 13) e' un troglobio endemico dei Monti Berici; lungo 4.6-5.7 mm, e' un tipico predatore terrestre che si rinviene spesso sotto pietre, nei coni detritici o negli accumuli di sassi all'interno delle grotte. Il genere Orotrechus, comprendente una sessantina di forme, fra specie (35) e sottospecie (26), ha una distribuzione alpina orientale (dal Monte Baldo, a Ovest, raggiunge la Slovenia, a Est, e a Nord penetra nelle Karawanken austriache). Non tutte le entita' sono cavernicole, anzi, ve ne sono molte a costumi endogei (quelle, cioe', che vivono nell'ambiente sotterraneo superficiale) e tra le due categorie possiamo individuare diversi gradi di adattamento all'habitat ipogeo: generalmente, ma non sempre, le forme piu' evolute sono quelle troglobie (il nostro Orotrechus fabianii appartiene a quest'ultime).
Un altro interessante endemismo dei Berici e' il Carabide Pterostichino Speluncarius bericus Monguzzi, 1982 (fig. 14), predatore di medie dimensioni (10 mm circa). Il genere Speluncarius, a distribuzione di tipo mediterraneo nord-orientale (Italia nord-orientale, penisola balcanica e penisola anatolica settentrionale) comprende ventitre' specie, per lo piu' di ambiente endogeo (solo tre raccolte esclusivamente in grotta). In territorio italiano si rinvengono tre entita': Speluncarius stefani (Jurecek, 1910) ampiamente distribuito, in grotta e nel suolo, nell'Altopiano di Folgaria-Tonezza, nell'Altopiano dei Sette Comuni e nei Monti Lessini; Speluncarius pesarinii Bucciarelli, 1979, endogeo del Massiccio del Monte Grappa. Infine Speluncarius bericus, endogeo (dato inedito) e cavernicolo nei Monti Berici.
Fig. 13
Fig. 14
Fig. 15
Ancora ai Carabidi, ma alla tribu' degli Sfodrini, appartiene il predatore piu' grande della speleofauna berica, il Laemostenus (Antisphodrus) schreibersi (Küster, 1846) (fig. 15): lungo 10.5-16.5 mm e' depigmentato e presenta occhi ridotti (microftalmia). E' una specie ampiamente diffusa nelle Alpi e Prealpi centro-orientali e orientali, dalla sinistra orografica del fiume Adige alla Croazia, Carniola, Carinzia e Stiria. Oltre che in grotta, si rinviene, soprattutto a quote elevate, in ambiente sotterraneo superficiale, lungo frane e sfasciumi sassosi, sotto massi e ghiaia presso nevai; nei Monti Berici e' esclusivamente cavernicola, date le miti condizioni climatiche dell'area (che non permettono l'instaurarsi di un microambiente ottimale di esistenza nei livelli superiori del suolo).
Il sottogenere Antisphodrus, comprendente numerose altre specie, ha una distribuzione di tipo circum-mediterranea.
Appartiene alla famiglia degli Stafilinidi il Coleottero predatore Lathrobium (Glyptomerus) alzonai (Capra & Binaghi, 1938) (fig. 16); endemico del comprensorio berico e' lungo 10.7-15.5 mm e vive sia in grotta sia in ambiente sotterraneo superficiale. La specie ad esso piu' affine e' L. (G.) pacei Piva, 1995, endogeo dei dintorni della Montagna Spaccata, tra Valdagno e Recoaro (Vicenza). Il sottogenere Glyptomerus raggruppa venticinque specie, sette delle quali pertinenti alle Alpi orientali (dal Monte Baldo alla Slovenia e parte delle Alpi austriache meridionali), diciassette appenniniche ed una propria dell'Isola d'Elba.
Fig. 16
Fig. 17
La sottofamiglia dei Leptodirini, della famiglia dei Colevidi, annovera molte entita' troglobie in tutto il Veneto; una di queste e' endemica dei nostri colli, Lessiniella berica Piva, 1993 (fig. 17). Si tratta di un Coleottero di piccole dimensioni (3 mm circa), a regime alimentare saprofago, che presenta notevoli adattamenti all'ambiente sotterraneo. Del genere Lessiniella e' nota una seconda specie, L. trevisioli Pavan, 1941, reperibile nei Monti Lessini orientali: possiamo affermare, quindi, che il genere e' endemico del Vicentino.
Solamente un accurato studio di alcune parti anatomiche delle due forme ha permesso di stabilire la loro appartenenza a due entita' distinte; infatti, esteriormente sono pressoche' identiche (come ha dimostrato l'esame morfometrico effettuato su un gran numero di esemplari di entrambe le specie).
Come abbiamo giu' detto all'inizio di questo capitolo i gruppi di animali piu' rappresentati nell'ambiente cavernicolo sono gli Artropodi e i Molluschi; dei primi si e' trattato ampiamente, anche se in modo contenuto e limitato agli organismi che rivestono un certo interesse biospeleologico. Dei secondi verranno illustrate solamente due specie terrestri, ma non certo perche' la loro presenza nell'ecosistema cavernicolo sia poco significativa.
Quasi tutti i Molluschi che hanno colonizzato i corsi d'acqua sotterranei, nonche' l'ambiente cavernicolo terrestre, vengono assegnati alla classe dei Gasteropodi; l'unico troglobio terrestre presente nei Monti Berici appartiene al genere Zospeum (fig.18). Si tratta di animaletti ciechi, dalle carni diafane e muniti di una conchiglietta turricolata di circa 2 mm di altezza; si osservano soprattutto lungo le pareti umide o ricoperte da un sottile strato di limo.
Le numerose specie che costituiscono il genere sono distribuite dal Bresciano, a Ovest, quindi lungo la fascia prealpina orientale, in Austria, nell'alta Slovenia e raggiunge l'Erzegovina. Un genere affine si incontra nei Pirenei franco-spagnoli.
Fig. 18
Fig. 19
Le ricerche di questi Molluschi, da parte della Commissione Biospeleologica del Club Proteo, hanno permesso di colmare molti vuoti nel loro areale di diffusione, nonche' di ampliarlo. Dai dati emersi, studiati ed elaborati dal malacologo milanese Enrico Pezzoli, risulta che, almeno per quel che riguarda il contingente italiano, vi sono tre gruppi di specie, facenti capo a Zospeum globosum Küscer, 1928, dal Bresciano al fiume Brenta, Zospeum spealeum (Rossmässler, 1839) e Zospeum alpestre (Freyer, 1855), ad Est di tale fiume. L'accurato studio dell'abbondante materiale (oltre duemila esemplari) e' stato esposto da Pezzoli in un trattato pubblicato nel 1992, e cio' servira' da importante base per i ricercatori futuri. In sintesi si e' constatato che le varie specie del genere Zospeum non sono identificabili dal solo esame della conchiglia, molto variabile anche all'interno della medesima popolazione; pertanto, si dovranno utilizzare altri metodi di indagine per poter risolvere l'attuale intricata situazione sistematica del gruppo.
Chiudiamo questa rassegna sulla speleofauna berica con un altro Mollusco, spiccatamente troglofilo, appartenente al genere Oxychilus (fig. 19); essendovi piu' specie conviventi non si e' potuto identificare quella raffigurata. I rappresentanti di questo genere, ascrivibili ai Gasteropodi, hanno una conchiglia piatta, a spirale, del diametro di circa una quindicina di millimetri e presentano un regime alimentare zoofago (si nutrono, cioe', di resti di altri Artropodi). Si possono osservare, talvolta numerosi, sui banchi argillosi o fangosi sul pavimento delle grotte.
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Note
[1]: Il Phylum (ad esempio gli Artropoda) si suddivide in Classi ed ogni Classe comprende vari Ordini, a loro volta distinti in Famiglie e quindi in Tribu' (categorie intermedie, quando necessarie, sono le Sottoclassi, i Sottordini, le Sottofamiglie e le Sottotribu'). Le Famiglie annoverano uno o piu' Generi.
Ogni animale e' identificato con due nomi latini (nomenclatura binomia), uno di Genere (sempre con l'iniziale maiuscola) e uno di Specie (sempre con l'iniziale minuscola); possono, tuttavia, comparire categorie intermedie, quali il Sottogenere (indicato fra parentesi e con l'iniziale maiuscola, dopo il nome del Genere) e la Sottospecie (che segue il nome della Specie e ha l'iniziale minuscola). Possiamo avere, pertanto, quattro nomi per determinare un animale (questi nomi, inoltre, sono espressi in carattere corsivo, in un testo normale): ad esempio, nel Coleottero "Laemostenus (Antisphodrus) cavicola nivalis Apfelbeck, 1902" Laemostenus indica il nome del Genere, Antisphodrus quello del Sottogenere, cavicola e' il nome della Specie e nivalis quello della Sottospecie. Dopo il nome dell'animale e' facoltativamente indicato il descrittore della specie, Apfelbeck in questo caso, nonche' l'anno di pubblicazione ufficiale della descrizione. Qualora il nome del descrittore (o Autore) e l'anno di descrizione comparissero fra parentesi, significherebbe che nel corso dei vari studi l'animale e' stato assegnato ad un Genere diverso da quello originale.
[2]: Prima dell'applicazione delle norme del Codice Internazionale di Nomenclatura Zoologica i nomi specifici patronimici (dedicati a persone) venivano scritti con l'iniziale maiuscola (vedi nota 1).
Articoli pubblicati dalla Commissione Biospeleologica del Club Speleologico Proteo
PIVA E. 1983 - Descrizione del maschio di Orotrechus pominii Tamanini, 1953 (Coleoptera Carabidae Trechinae)
PIVA E. 1984 - Nuovi Bathysciinae raccolti in cavitá del vicentino (Coleoptera Catopidae Bathyscinae)
PIVA E. 2005 - Nuove soecie di Orostygia e Oryotus, con note sinonimiche (Coleoptera Cholevidae)
PIVA E. 2008 - Descrizione di un nuovo genere di Leptodirinae del Veneto (Italia) e osservazioni su Neobathyscia mancinii
PIVA E. 2014 - Due nuovi Orotrechus Muller del Vicentino (Veneto, Italia) e note sinonimiche (Coleoptera Carabidae Trechinae)
Collaborazione a pubblicazioni scientifiche:
Altre tre nuove specie di Coleotteri, frutto delle ricerche biospeleologiche condotte dal CSP, vengono presentate alla Scienza (VEDI ALLEGATO): si tratta di tre specie di Curculionidi, normalmente viventi nell'ambiente endogeo, ma che compaiono in grotta seguendo le radici di alcune piante di cui si nutrono (regime alimentare rizofago). Una di esse, denominata Baldorhynchus anachoreta, proviene dalla Grotta del Convento a quota superiore (5535 V/VI) e fu raccolta da Isabel Ferrari ed Erminio Piva nel 1986 e da Giuseppe Peretto nel 1995. La seconda specie, Baldorhynchus paladinii, reperibile nella Grotta Vaio Pangoni (411 V/VR), fu rinvenuta da Giuseppe Peretto ed Erminio Piva nel 1991. La terza specie, Baldorhynchus pivai, della Grotta del Covoletto (39 V/VI), fu raccolta da Isabel Ferrari e da Erminio Piva nel 1984.